Skill mismatch è il termine che descrive la mancata corrispondenza tra la preparazione dei laureati e le competenze richieste dal mondo del lavoro.
In attesa delle linee guida ministeriali per l’insegnamento delle discipline STEM, chi ha un osservatorio privilegiato sulle competenze scientifiche e digitali dei giovani, come Fabio De Felice, professore del Dipartimento di Ingegneria dell’Università degli Studi di Napoli “Parthenope”, evidenzia la necessità di accelerare sull’ adozione di metodologie innovative, con una didattica che parta sempre più dalla realtà per arrivare alla teoria e lo sviluppo delle competenze digitali e del pensiero computazionale.
“La Quarta Rivoluzione Industriale modifica a velocità sempre maggiore non solo le professioni, ma la stessa domanda di lavoro, con trasformazioni che richiedono la predisposizione al cambiamento e abilità complesse – spiega De Felice.
I test Invalsi del 2022 hanno evidenziato come solo il 54% dei maturandi raggiunga la soglia minima di competenze minime in matematiche, confermando un trend già evidenziato qualche mese prima da Fondazione Agnelli, che sottolineava come la media italiano del 6,7% di laureati in discipline STEM sia molto al di sotto del 12-13% che costituisce il valore di riferimento europeo.
“Il sistema educativo italiano, in questo momento, sta fallendo il suo compito di fornire conoscenze e competenze adeguate in ambito scientifico ad un numero rilevante di studenti e studentesse – sottolinea De Felice – e, di conseguenza, sta compromettendo la competitività dell’economia del nostro Paese nell’immediato futuro”
Secondo il bollettino del Sistema informativo Excelsior di Unioncamere e Anpal (l’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro), nei prossimi cinque anni, mancheranno 250 mila giovani laureati: medici (19 mila in meno del fabbisogno annuo), ingegneri, informatici e scienziati in genere (22 mila), economisti e statistici (17 mila).
“In questo scenario è necessario che la tecnologia, da orizzonte da inseguire, si trasformi in strumento di potenziamento delle capacità dell’uomo – continua De Felice
“Utilizzare la capacità del digitale di liberarci dal peso del tempo e dello spazio fisico, vuol dire aumentare l’accessibilità di ambienti complessi come, per esempio, quelli laboratoriali, che costituiscono il cuore dell’acquisizione delle competenze STEM. Per queste ultime la necessità di ricorrere a forme di didattica che partano sempre più dalla realtà ed implementino un approccio di learning-by-doing è essenziale. La Virtual Reality ci consente non solo di farlo, ma di assicurare la piena sicurezza degli studenti, potenziando, al contempo, le competenze STEM e quelle digitali”
“Solo così – conclude De Felice – potremmo colmare quel gap che impedisce il dialogo fluido tra scuola, università e mondo del lavoro”